I Camuni e le Terramare

I Camuni e le Terramare

Le prime popolazioni: i Camuni e le Terramare

I Camuni erano un popolo dell’Italia antica stanziato nell’Età del ferro (I millennio a.C.) in Val Camonica; vengono individuati anche con il nome latino Camunni, attribuito loro da autori del I secolo.

Popolo di origine oscura, risalente fin al Neolitico.

I Camuni – Καμοῦνοι in greco, Camunni in latino – sono ricordati dalle fonti storiografiche classiche a partire dal I secolo a.C.; all’inizio del I secolo d.C., i Camuni furono progressivamente inseriti nelle strutture politiche e sociali dell’Impero romano pur conservando margini di autogoverno (la Res Publica Camunnorum), fin dalla seconda metà del I secolo ottennero la cittadinanza romana, subendo poi – come tutti i popoli della Gallia cisalpina – un rapido processo di latinizzazione sia linguistica, sia culturale, sia religiosa.

Lo storico greco Strabone (58 a.C.-25 d.C. circa) sosteneva che i Camuni facessero parte dei popoli retici e li accostava ai Leponzi, che invece erano di stirpe celtica.

La civiltà delle Terramare

Le Terramare tra il XVII e il XIII sec. a.C. erano villaggi in legno strutturati su capanne costruiti secondo uno schema ben definito. Erano di solito in vicinanza di un corso d’acqua, secondo un progetto non casuale che denota il carattere di un insediamento fortificato. Le terramare erano diffuse nella pianura padana. La civiltà legata a questi insediamenti si sviluppò nell’età del bronzo medio e recente

Gli abitanti di questi siti, così come la loro cultura, sono identificati come terramaricoli di origine indoeuropea.

Le terramare dell’Emilia sono l’espressione dell’attività commerciale nell’età del bronzo. Sono insediamenti lungo una via che attraversava le Alpi nella Val Camonica e giungeva alle sponde del Po, qui venivano costruite le terramare che fungevano da depositi e punti di partenza delle merci costituite da ambra dal Mar Baltico, e stagno dai Monti Metalliferi, con direzione lungo il Po fino alla foce e all’Adriatico, verso il Mar Mediterraneo orientale, il Mar Egeo, Creta, l’Asia Minore, la Siria, l’Egitto.

Per le fondamenta delle palafitte si utilizzava il frassino, per il pavimento assi di abete, travi di pioppo coperte di canne per il tetto, rami intrecciati di nocciolo per le pareti; per rendere il pavimento impermeabile lo si ricopriva di argilla, mentre le pareti, per proteggersi dal freddo, venivano rivestite di un composto di argilla e sterco bovino.

Nonostante lo stacco storico di alcuni secoli, le popolazioni terramaricole sono forse strettamente imparentate con i successivi Villanoviani e gli Etruschi. La grande tecnica nella regimazione delle acque, la presenza di argini, canalizzazioni e fognature nelle città etrusche, potrebbe essere derivata dai terramaricoli che da sempre ebbero a che fare con tali opere. Il collegamento tra Terramaricoli e Villanoviani si riscontra anche nella pratica d’incinerazione dei defunti, diffusasi dal centro Europa lungo la via dell’ambra.

Proprio i Villanoviani potevano rappresentare un ramo periferico di questa via che portava l’ambra fino in Sardegna dove era fiorente la Civiltà nuragica.

I popoli delle terramare scompaiono intorno al 1000 a.C. senza lasciare traccia, molto probabilmente inglobati nella cosiddetta civiltà villanoviana.

Caratterizzano il modello abitativo terramaricolo nella sua fase matura la presenza di un argine e di un fossato perimetrali, con una genesi ed uno sviluppo articolato nel tempo ed un abbondante uso di strutture lignee, come lascia intendere la presenza di una fitta rete di buche di palo.

Le Terramare sono concentrate nell’Emilia centro-occidentale e nella zona transpadana compresa tra le province di Verona e Cremona, hanno avuto un arco di vita compreso nei periodi che gli archeologi definiscono bronzo-medio e bronzo-recente, dal XVI al XIII secolo a.C. in termini di cronologia assoluta.

I contatti con Etruschi e Celti

Attorno al V secolo a.C. gli Etruschi, già diffusi nella Pianura Padana, ebbero contatti con le popolazioni alpine. Tracce d’influenza di questa cultura permangono nell’alfabeto camuno, con il quale sono incise oltre duecento iscrizioni, questo alfabeto è molto simile agli alfabeti nord-etruschi, e nella stessa arte rupestre.

Verso il III secolo a.C. giunsero in Italia i Galli celtici che, provenendo dalla Gallia transalpina, si stabilirono nella Pianura padana ed entrarono in contatto con la popolazione camuna: lo testimonia la presenza, tra le incisioni rupestri della Val Camonica, di figure di divinità celtiche quali Cernunnos.

La Val Camonica venne assoggettata a Roma nel contesto delle campagne di conquista di Augusto di Rezia e dell’Illirico, che procedette all’assoggettamento delle valli da Como al Lago di Garda (compresa quindi la Val Camonica), oltre ai Venosti della Val Venosta.

Dopo la conquista romana i Camuni furono annessi alle città più vicine in condizione di semi-sudditanza tramite la pratica dell’adtributio. La città a cui vennero assegnati i Camuni fu probabilmente Brixia.

Inizialmente fu assegnato loro lo status di peregrinus, in seguito ottennero la cittadinanza romana e in età flavia furono ascritti alla tribù Quirina, anche se mantennero una certa autonomia amministrativa: è infatti ricordata una Res Publica Camunnorum.

Le testimonianze della lingua parlata da Camuni sono scarse e non decifrate; tra le Incisioni rupestri della Val Camonica, uniche testimonianze epigrafiche del camuno, si contano alcune iscrizioni in un proprio alfabeto camuno.

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