Retorbido

Retorbido

La storia di Retorbido è legata a quella dei paesi limitrofi: Codevilla, Torrazza Coste, Mondondone, Garlassolo che hanno avuto evoluzione autonoma e diversa.
Bisogna ricordare che anticamente le strade verso Est che collegavano i territori dell’Emilia correva a mezza costa sulle colline e i crinali in una fitta rete di sentieri che collegava le popolazioni locali destinate a fondare Piacenza, Velleja romana e raggiungere il mare Adriatico e la futura Aquileja.

Il nome deriva da Oppidum Litubium, nel 197 a.C. lo storico Tito Livio narra
che il console romano Quinto Minucio Rufo, sottomise le popolazioni Gallo-Liguri stanziate nella zona conquistando anche l’Oppidum Litubium.
I primi abitanti furono di stirpe ligure, ai quali si aggiunsero poi i Galli, Celti originari dell’area danubiana la cui fusione andò a formare un unico ceppo denominato, appunto, gallo-ligure. Questi popoli si opposero strenuamente alla dominazione romana.

Nel 972 ne venne confermato il possesso al monastero di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia, cui era stato donato dal re Liutprando; apparteneva alla contea di Tortona, ma nel 1164 entrò nei domini di Pavia, sotto la quale fu sede di podesteria. Aggregato successivamente al feudo di Voghera, assegnato nel 1412 ai Beccaria del ramo di Robecco e poi ai Dal Verme, fu staccato da Voghera passando ai Riario insieme a Fortunago e infine ai Beccaria di Montebello, estinti nel 1629.

Il feudo di Retorbido, staccato da Montebello, fu allora venduto ai Corti di Pavia, cui rimase fino all’abolizione del feudalesimo.

Durante l’alto medioevo fu contesa tra le istituzioni comunali pavesi e la diocesi di Tortona. La concessione dell’agro padano e con esso del borgo al Comune di Pavia (1164), è contemporaneo all’ascesa sulla scena feudale di Retorbido della Casata dei Sannazzaro. Il borgo si trovò nella lotta ingaggiata dai Visconti contro il Marchese del Monferrato, alleato con Papa Innocenzo IV, che aveva mire egemoniche sull’Oltre Po pavese.

Retorbido venne attacato e saccheggiato dal Capitano Luchino dal Verme, come punizione per essersi schierato con la fazione Ghibellina. Il feudo ritornò di nuovo ai Sannazzaro che seppero far fruttare le acque dello Staffora per favorire lo sviluppo delle terre del contado.
Passò nelle mani del condottiero Sforzeco Gerolamo Riario e poi fu accorpato al feudo di Montebbello, sotto il controllo dei Beccaria dei Sant’ Alessio. Passato sotto il controllo del Re di Spagna Filippo IV. Il feudo fu messo in vendita ed acquistato nel 1631 dal nobile Francesco Corti. In seguito subì la dominazione Austriaca.

Nel 1753 il feudo fu consegnato nelle mani del Re Carlo Emanuele II di Savoia. All’ultimo discendente della famiglia Corti, Matteo, morto nel 1841 si deve il potenziamento delle strutture agricole, delle fontane e del castello.

Le sue fonti di acque termali, conosciute fin dall’epoca romana, molti medici, in periodi diversi, scrissero su queste acque elogiandone le virtù terapeutiche e tra questi pure l’illustre medico milanese Fazio Cardano.

Era ambizione di Matteo Corti sfruttare le sorgenti per farne la prima stazione termale, il palazzo costruito ospitava le camere e i servizi termali, i clienti sarebbero arrivati con la ferrovia Voghera – Varzi e portati in carrozza fino alle Terme. La prematura scomparsa di Matteo fece fermare i lavori e l’attività termale si spostò a Salice Terme.

Oggi le antiche fonti sono abbandonate:
http://laprovinciapavese.gelocal.it/cronaca/2011/05/29/news/retorbido-le-fonti-abbandonate-1.269222

Nelle epoche successive, i territori risentirono dell’influsso delle famiglie Pallavicini, Durazzo Pallavicini e della famiglia Cattaneo-Adorno.
Nel 1818 a Retorbido fu unito il soppresso comune di Murisasco, noto fin dal 1153 e già appartenente al feudo di Mondondone (Codevilla). A tale comune era già stato aggregato nel 1175 il comune di Garlassolo, anch’esso già parte del feudo di Mondondone.

Il torrente Rile attraversava fino al XIX secolo l’abitato, in costante pericolo per le sue piene (nel 1815 una di esse aveva ucciso diverse persone). Fin da allora si pensò di deviarlo fuori dell’abitato, e l’opera (dopo una ulteriore nefasta alluvione nel 1863) fu finalmente compiuta nel 1894, su progetto degli ingegneri Meardi e Garrone. Alcuni sostengono che il nome Retorbido derivi proprio da Rio torbido e cioè turbolento.

Tra i monumeti si segnala chiesa di San Andrea che, fino alla metà del XVI secolo, svolse le funzioni di sede parrocchiale e dalle origini sicuramente antiche. La chiesa è inoltre sede della confraternita di San Andrea del Gonfalone, tuttora attiva, la cui esistenza è accertata per la prima volta in un documento dei Sinodi diocesani del 1598.

Suggestiva è anche la storia della chiesa-oratorio, recentemente restaurata, di San Rocco, edificata nel 1630, l’anno in cui anche Retorbido venne travolto dalla piaga della peste, resa tristemente famosa dal Manzoni.
Oltre 200 persone, su una popolazione totale di circa 600, persero la vita e gli abitanti in questa situazione drammatica, in paese non vi erano medici e non esisteva un Lazzaretto, decisero di edificare una chiesa oratorio dedicandola ai santi Rocco e Sebastiano, invocati dalla tradizione come protettori delle pestilenze.
Il palazzo Durazzo-Pallavicini è sorto verso la fine del XIX secolo, in stile neoclassico, con prospettiva a due piani, il palazzo è abbellito da un timpano soprastante, mentre la parte retrostante, rialzata rispetto alla strada che la costeggia, presenta una scalinata che accede al parco.Di fronte al palazzo sorge la parrocchiale dedicata alla Vergine e dalla facciata neoclassica. Molto interessanti le colonne che sorreggono il piccolo porticato costruite con la pietra cristallina di gesso proveniente dalla collina e che fu sfruttata per decenni.

In piazza Risorgimento è stata eretta la statua in bronzo di Bertoldo sull’asino, dono di un cittadino di Retorbido, Avv. Agostino Guardamagna, opera dello scultore Pietro Leddi.

http://www.palazzodurazzopallavicini.eu/

Tradizioni e folclore
Secondo la tradizione del luogo Bertoldo, il sagace contadino protagonista di vari aneddoti popolari e del romanzo di Giulio Cesare Croce, sarebbe nato a Retorbido, nella frazione “Casa Bertuggia”, dove il re si recava a caccia soggiornando in una residenza che ancora oggi si chiama Casareggia.

Durante la “sagra del Polentone”, che si svolge da oltre cento anni nella seconda domenica di marzo, si assiste alla messa in scena del dialogo scherzoso fra Bertoldo e Re Alboino sulla politica attuale. Vengono poi distribuiti gratuitamente polenta e salamini a tutti i presenti.Per anni la sagra era sponsorizzata dal Salumificio Grazioli che aveva a Milano la grande salumeria Pek, regolarmente rifornita con i salumi qui prodotti.

Bertoldo:
http://www.pinu.it/bertoldo.htm
Palazzo Durazzo Pallavivini

Chiesa della Beato Vrgine con il caratteristici Colonnato

Le cantine Adorno.
Anche Retorbido è terra di vino come i territori limitrofi.
La famiglia Adorno, di cui il Marchese Marcello è l’ultimo discendente, ha origini antichissime. Documentata a Genova sin dal XIII secolo, la Casata diede i natali ad alcuni degli esponenti più rilevanti della vita pubblica genovese, tra i quali ben sette dogi. Alla scoperta dell’America, fu l’antenato Agostino ad ottenere dalla Spagna l’apertura dei porti spagnoli del Mediterraneo per le navi genovesi.
Fu in Spagna che gli Adorno legarono il proprio nome alla produzione del vino Generalife, vino tipo Jerez da uve passite Pedro Ximenez, di cui la famiglia conserva ancora numerose bottiglie più che centenarie, gelosamente custodite nella loro cantina di Genova.

La tenuta di Retorbido fu acquistata dagli Adorno nel 1834 e sin d’allora ha sempre prodotto le varietà locali di Barbera e Cortese, con lavorazione tradizionale. Nel 1997, Marcello, spinto dalla passione per vini pregiati e dall’ impegno con la qualità, ha dato inizio alla ristrutturazione della cantina e ad un programma di acquisizione e ammodernamento dei vigneti, così da far divenire l’Azienda il punto di riferimento della migliore produzione vinicola oltrepadana.
http://www.marcheseadorno-wines.it/easyNews/NewsLeggi.asp?NewsID=8

Bertoldo di Pietro Leddi

L’ultimo ercole in una sagra del Polentone degli anni ’60

Bertoldo fa parte della tradizione popolare anche di altri paesi come la città di Verona o San Giovanni Persiceto (BO) dove si svolgono feste sagre in suo onore.
Bertoldo è il contadino protagonista del testo seicentesco di Giulio Cesare Croce.
http://it.wikipedia.org/wiki/Giulio_Cesare_Croce

Le sottili e astute battute di Bertoldo, cui lo stesso autore aggiunse un seguito, Le piacevoli et ridicole battute nella sua semplicità di Bertoldo, che trattava dell’inettitudine del figlio Bertoldino, le diatribe con la moglie Marcolfa. In seguito Adriano Banchieri elaborò un nuovo seguito, La novella di Cacasenno, figliuolo di Bertoldino.
I tre racconti furono successivamente raccolti e pubblicati insieme nel 1620 con il titolo di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno. Le vicende di padre, figlio e nipote fornirono in tempi recenti l’ispirazione a diversi film, tra cui un film del 1936 di Giorgio Simonelli, un film del 1954 di Mario Amendola e Ruggero Maccari e un film del 1984 di Mario Monicelli, con Ugo Tognazzi nella parte di Bertoldo.

http://it.wikipedia.org/wiki/Bertoldo,Bertoldino_e_Cacasenno%28film_1984%29

Vino Adorno

Tre vini della Torrevilla

La grande avventura di Bertoldo incomincia quando questi, a cavallo del suo somarello che lui decorosamente chiama “Cavallo”, giunge alla corte del re longobardo Alboino che lo mette a dura prova facendogli degli indovinelli. Bertoldo, data la sua astuzia, risponde brillantemente a tutte le domande e addirittura si dimostra simpatico e divertente al re, tanto che lo assume come giocoliere e buffone di corte.
Le cose per il contadino vanno a gonfie vele quando però viene nuovamente chiamato a Verona da Alboino perché la figlia Fiorella deve sposarsi con un lord inglese, ma non ne ha nessuna voglia.
Infatti l’uomo è un imbroglione che mira solo alla proprietà del re veronese e sarebbe riuscito anche a conquistare tutto il patrimonio se Bertoldo non lo avesse fermato con un’altra brillante astuzia. Fiorella finalmente può congiungersi con il suo innamorato Brunetto, mediocre cantore, e Bertoldo viene completamente integrato alla vita di corte di Alboino. Tuttavia Bertoldo, abituato ad una vita goliardica di lavoro, di imbrogli e di ruberie, non riesce ad sopportare l’improvviso cambiamento di status e così si ammala gravemente e muore. L’epitaffio che re Alboino farà scrivere sulla sua lapide sarà il seguente.

In questa tomba tenebrosa e oscura,
Giace un villan di sì deforme aspetto,
Che più d’ orso che d’ uomo avea figura,
Ma di tant’alto e nobil’intelletto,
Che stupir fece il Mondo e la Natura.
Mentr’ egli visse, fu Bertoldo detto,
Fu grato al Re, morì con aspri duoli
Per non poter mangiar rape e fagiuoli.

l contadino Bertoldo è il personaggio della “sagra del polentone” di Retorbido e del Carnevale Storico Persicetano del paese di San Giovanni in Persiceto. Secondo la tradizione popolare, Bertoldo proveniva proprio da questo paese e avrebbe frequentato la corte di Alboino presso la residenza estiva che questi avrebbe avuto nel vicino comune di Codevilla, in località Casareggio, durante l’assedio di Pavia.
Secondo un’altra versione, forse più recente, sarebbe invece vissuto nelle vicinanze di Verona. In Italia settentrionale è diffusa l’espressione idiomatica “Combinarne più di Bertoldo” per descrivere le astuzie, o spesso le malefatte, di un individuo.
La storia del plentone di Retorbido.

La chiesa del Pontasso
La chiesa delPontasso è una delle più antiche chiese del luogo, è stata oggetto di Restauri e molto studiata dagli storici.
L’ultima opera che ne parla diffusamente unitamente alla Pieve scamparsa di San Martino di Luta, è quella di Gilberto Garbi:
Gilberto Garbi – Cesare Scrollini “Codevilla e la Pieve scomparsa” – Cooperativa editoriale Oltrepò – 2000 Voghera.

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