Rivalta Scrivia

Rivalta Scrivia

Rivalta Scrivia è oggi nota soprattutto per il grande centro logistico che fa da cuscinetto tra il porto di Genova e il resto d’Italia e d’Europa. nel centro logistico sono presenti anche insediamenti Industriali e un polo tecnologico e di ricerca.
Storicamente è note per la sua abbazia , recentemente restaurata e che riveste una grande importanza nel profilo storico della zona, collegata da una parte a Tortona e a Pozzolo Formigaro e quindi alle terre di Novi.

L’abazia risale al secolo XII e fu di grande importanza storica, purtroppo oggi ne resta solo una piccola parte che degnamente restaurata offre una visione sufficientemente esauriente della sua storia e tutta l’influenza economica che la stessa esercitò, soprattutto nei secoli XII e XIII, su tutta la regione che si stende tra Tortona Novi.

Il territorio di Rivalta era, nel secolo XI, densamente coperto di foreste: l’agricoltura, malgrado la vicinanza dello Scrivia, che forniva acqua, era poco sviluppata e rarissimi erano, nella zona, i nuclei abitati. Un munito castello difendeva la zona; nelle sue vicinanze, c’era una chiesa dedicata a San Giovanni: Castello e Chiesa dovevano fornire i mezzi al sorgere dell’Abazia.

L’origine di un nucleo monastico a Rivalta Scrivia si fa risalire ad una donazione del 22 agosto 1150 e ad un certo Ascherio, forse della famiglia degli Ascheri di Castelnuovo Scrivia, lì stabilitosi dopo esser stato, a partire dal 1137, priore del monastero di Santa Giustina di Sezzè.

Intorno al castello egli possedeva già alcuni beni e, poiché era di famiglia danarosa, riuscì in breve tempo ad allargare notevolmente l’estensione dei possedimenti del monastero.
Ben presto si manifestò l’esigenza di aggregarsi ad un ordine monastico importante e iniziò trattative con l’abate Folco di Lucedio e nel 1180 la comunità di Rivalta fu unita all’ordine cistercense e divenne dipendente dalla Badia di Citeaux.

L’unione coi cistercensi portò ad una ristrutturazione della comunità monastica rivaltese; stabiliti e regolati i rapporti col Vescovo e col Capitolo di Tortona, l’abate Folco trasformò il monastero di Rivalta in Abazzia cistercense e ordinò che si procedesse alla nomina di un nuovo abate: questi fu Pietro, monaco di Lucedio. Il vecchio abate Ascherio, fondatore della Chiesa e del monastero, si ritirò al di là del Po in una località della Lomellina tra Frascarolo Pieve del Cairo e quivi fondò un’altra Chiesa, che chiamò Acqualunga; morì a Rivalta, dove era tornato, nel dicembre del 1185.


La chiesa ha una pianta a croce latina, scandita da tre navate di tre campate (in origine quattro) quella centrale e di sei (un tempo otto) quelle laterali. mediante una scala a doppia rampa si accede al dormitorio dei monaci al piano superiore. L’aspetto utilitario dell’esterno è leggibile nella zona del coro e transetto dalle cornici che impostano le specchiature, chiuse da una decorazione ad archetti di tipo lombardo.

Lo zoccolo in pietra e la muratura a esso cucita si interrompono poco oltre la sacrestia segnando la fine del primo lotto di lavori e l’inizio di un secondo, successivo, che comprende sala capitolare, vano con la scala d’accesso al dormitorio, parlatorio, passaggio ai campi e la sala dei monaci. È andato completamente distrutto il chiostro e l’ala dei conversi passata a proprietà privata.


Alla seconda metà del XVI secolo dovrebbe risalire la ricostruzione del massiccio campanile che insiste all’incrocio dei bracci del transetto.
Dopo un lungo periodo di decadenza, caratterizzato da crisi spirituale ed economica che coinvolse il monastero a partire dal XIV secolo, l’Abbazia viene istituita in Commenda in modo definitivo nel 1478 per volontà di Sisto IV.

Un notevole corredo pittorico vede anche l’intervento di Franceschino Boxilio. Il pittore castelnovese firma due opere, il San Cristoforo del quarto pilastro a destra (datato 1490) e le due scene con la Vergine, il Bambino e un monaco certosino con la sovrastante figura del Cristo Redentore.

Gli affreschi risalgono a un arco di tempo abbastanza continuo e ristretto, condividendo stilisticamente una stessa corrente d’influenza lombarda. Se le scene della parete di fondo del presbiterio, che sono le opere più antiche insieme ad alcune immagini di santi nel primo pilastro a sinistra, risultano caratterizzate da forme ancora gotiche, dall’allungamento dei corpi, dal decorativismo dei troni e dalla rigida posizione frontale delle figure rappresentate, le altre figure presentano già un tentativo di complessità spaziale e un certo realismo tipici del linguaggio rinascimentale. Nel 1538 l’abbazia passa alle dipendenze di San Nicolò del Boschetto di Genova.

I beni patrimoniali del monastero sono acquisiti nel 1546 dal marchese Adamo Centurione e, dopo alcuni passaggi di proprietà, nel 1653, passano ad Agostino Arioli, il quale fa costruire il suo palazzo utilizzando una parte di monastero (l’ala dei conversi) e demolendo l’ultima campata della chiesa abbaziale che era addossata al palazzo.

L’abazzia, la cui chiesa era parrocchia già nel 1576, è soppressa con decreto napoleonico nel 1810.
A fianco dell’abazzia Don Orione creò un centro di spiritualità tottora attivo.
Gli ultimi restauri hanno fatto giustizia dell’importanza dell’abbazia, recenti ricerche hanno portato alla luce aspetti significativi quali la coltivazione del riso introdotta dai cistercensi come a Lucedio e Staffarda.

Presso l’abbazia si è tenuta negli anni passati una importante mostra di libri e incunabuli antichi che meriterebbe di essere resa stabile e godibile dal pubblico.

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