
Santa Giuletta
La storia di Santa Giuletta (e non Giulietta come spesso è riportato!) è stata scritta da Fabrizio Bernini Nel 1988 “Santa Giuletta in Oltrepò pavese”. Più recentemente, una bella opera su Santa Giuletta si deve a Loretta Ravazzoli che nel suo libro “Saluti da Santa Giuletta” (Guardamagna Editore – Varzi – 2009) descrive attraverso le cartoline illustrate, la storia e gli aspetti caratteristici del paese.
Santa Giuletta è sorta su un insediamento dei Gallo-Liguri diventato poi un presidio romano, è nota per la sua vocazione viticola documentata sin dall’anno 1000, sotto questo aspetto è pure nota per aver ospitato il primo focolaio di Peronospora, individuato dai ricercatori dell’orto botanico di Pavia nel 1879, malattia della vite che quasi distrusse il patrimonio viticolo dell’Oltre Po, e non solo.
Fu feudo dei Beccarla nel 1400, poi dei Trotti e dei Belcredi di Pavia, degli Isimbardi nel 1700. Il Comune è storicamente diviso in una frazione pedemontana adiacente alla strada che conduce a Piacenza, denominata Villa dove sono insediate ville e palazzi dei notabili che si susseguirono nella storia del Comune, l’altra sulle prime colline, denominata Castello.
Il Castello sorge sulla sommità della collina, nato nel secolo XII di cui restano solo le cantine, antiche sedi delle prigioni; oggi il complesso appare come una villa settecentesca, in stile neoclassico.
La chiesa parrocchiale del Castello, riaperta dopo molti restauri, costruita nel 1200 è dedicata alla martire Santa Julitta o Giulitta è stata più volte ampliata e ristrutturata con un curioso campanile a forma di torre merlata.
La Santa Giulitta, durante la persecuzione di Diocleziano, viveva ad Iconio, città della Licaonia, era donna ricca e nobile, rimase vedova con un figlio in tenera età: Quirico. Era cristiana e lasciò la sua città e i suoi averi, per sfuggire alla persecuzione, manovrate da chi ambiva a confiscargli i beni. Si stabilì in Seleucia, poi proseguì per Tarso, nella Cilicia, dove fu individuata e fatta arrestare col suo bambino, dal governatore romano Alessandro, subì il martirio col proprio figlioletto che, vista la madre soffrire e sentite le sue parole, si proclamò anch’egli cristiano e morì scaraventato a terra dal governatore.
Affresco di Govanni Piccina rafficurante Santa Giuletta e il figlio Quirico nell’oratorio di San Quirico a Boccioleto frazione di Palancato (VC).
La madre restò ferma nella fede e fu decapitata. Un altro racconto, dice che madre e figlioletto furono arsi vivi ma che i loro corpi, miracolosamente si mantennero intatti, era il 304.
Furono sepolti nel vestibolo del tempio della città e vicino alla loro tomba sgorgò prodigiosamente una fontana d’acqua dolce e salutare per gli ammalati.
La devozione a Santa Giuletta fu portata in Italia da coloni o soldati romani che erano stati nel paese del martirio di Giuletta.
Vicino a Santa Giuletta si trova un paese che prende il nome dal figlioletto di Santa Giuletta: San Quirico, si tratta Corvino San Qiuirico.
Storia di corvino
Il nome originario Corvino deriva dal nome di una famiglia romana Corvinus o da car-ven, ovvero (valle tra i monti), come soostenuto da Clelio Goggi il toponimo San Quirico venne aggiunto successivamente in ringraziamento al santo per aver salvato il paese dalla peste.
http://www.comune.corvino-san-quirico.pv.it/cenni%20storici/cenni%20storici.html
Il tram Voghera – Stradella
La tramvia, realizzata dalla Società Belga “Ferrovie del Ticino”, su progetto, realizzato dagli ingegneri fratelli Piero e Rodolfo Belcredi di Casteggio, fu portata a termine ed inaugurata il 1 maggio 1883.
Il servizio era svolto da tre locomotive a vapore sulla tratta Voghera, Broni e Stradella e poteva raggiungere la velocità di 20 Km l’ora. La linea si snodava lungo la via Emilia, con fermate in tutti i paesi. Lungo la linea si verificarono numerosi incidenti. In uno di questi, a S. Giuletta nel 1888, rimase ucciso un ragazzo di 25 anni. Le corse terminarono nel 1933 e in sua sostituzione negli anni ’40 fu istituito il servizio di autocorriere.
La ferrovia a Voghera si collegava al tram per Volpedo e poi per Tortona, una rete che potrebbe oggi essere molto comoda se non ci fosse stata la guerra con le lobbies dei trasporti su gomma.
La villa del Generale Montagna
Il generale Renzo Montagna, nato a Santa Giuletta nel 1894, iniziò una brillante carriera nell’esercito, nel 1917 ottenne il grado di comandante di Batteria. Combattè nelle prima guerra mondiale congedatosi nel 1920. aderì al Fascismo e si arruolò nella Milizia Volontaria, durante il conflitto in Etiopia, combattè a Macallé, Amba Alagie e in molte altre battaglie.
Dopo il 25 luglio 1943, entrò a far parte della Repubblica Sociale Italiana dove ottenne il grado di Generale. Alla fine della guerra fu processato a Como ed assolto.
Rientrato in possesso della sua azienda agricola, si dedicò alla viticoltura e all’enologia.
Morto a Voghera nel 1978, fu sepolto nella cappella di famiglia nel cimitero del Castello.
Fece costruire una cappella oratorio dedicata alla Maria Vergine davanti alla sua abitazione, posta lungo la strada che porta a Monteceresino.
La torre Griziotti
Questa antica costruzione, risale al Medioevo, fu fatta edificare dalla famiglia Beccaria che ne detenne il possesso unitamente al feudo di S. Giuletta. La torre è contornata da edifici rustici e civili. Lateralmente sorge un Oratorio dedicato a S. Rocco fatto edificare alla fine del secolo XVI per rispettare le volontà testamentarie del nobile Gaspare Beccaria.
La torre fu poi acquistata da Carlo Fossati, passando a Luigia Griziotti vedova Fossati e al nipote Archimede. Successivamente, Maria Griziotti lasciò erede delle sue sostanze il professor Giovanni Sarolli di Monteceresino.
È credenza popolare che i nobili proprietari, per le loro feste invitassero le più belle ragazze del paese e che alcune di esse, nel corso della serata sparissero nel nulla, forse inghiottite da botole in oscure segrete.
Uno dei motivi di sviluppo di Santa Giuletta è stato la sua collocazione lungo la via Emilia dove si snodavano i commerci, la strada è scandita da stazioni di posta, dove si fermavano i convogli dei commercianti o dei trasportatori per rifocillarsi o passare la notte, a Santa Giuletta esistevano quattro locande principali e altre minori a livello di mescita di vino o osteria.
Le bambole di Santa Giuletta
Negli anni ’50 Santa Giulietta era stata nominata Capitale italiana della bambola per la ricca produzione artigianale di bambole artistiche. Esiste oggi un museo dedicato alla bambola e al giocattolo che raccoglie esemplari databili tra gli anni Trenta e Settanta.
Erano attive una ventina di fabbriche che impiegavano un migliaio di operaie, e un indotto di lavoro a domicilio sparso in tutti i comuni della zona.
All’inizio le bambole erano costruite con carta pesta, attraverso un processo molto elaborato ed erano destinate ai divani e ai salotti delle giovani spose. Poi subentrò la celluloide, le bambole chiudevano gli occhi, camminavano e parlavano.
Con il declino della bambola, iniziò la lavorazione dei pelouche e di altri giocattoli.
Civico Museo storico culturale della bambola e del giocattolo “Quirino Cristiani”
P.zza Sandro Pertini 14, 27046 Santa Giuletta
Tel. 0383/899141 Fax 0383/899796
E-mail: info@comune.santagiuletta.pv.it
http://www.sboltrepo.it/musei-oltrepo-pavese/santa-giuletta-museo-della-bambola-giocattolo-quirino-cristiani/
Il primo laboratorio fu la “Fata”, nata nel 1933 in una stanza di palazzo Giandolini e divenuta, nel giro di pochi anni, una fabbrica di tutto rispetto. A partire dagli anni ’40 nacquero: L’ALA (nel 1945), DIVA (nel 1947) la SILBA, ALBA, GIULETTA, LILLY, MIVA, FARIDA, ROSSELLA, MONEL.
Si creò anche un certo indotto con la LAMPO-FILO per la produzione di capelli in nylon o la fabbricazione degli occhi di vetro,
Successivamente, alcune aziende come la Rossella, nel 1957 passarono alla lavorazione di pupazzi in peluche.
Fino agli anni ’60 la bambola più che un giocattolo era considerata un oggetto di pregio, da mettere in bella mostra sul letto delle giovani spose in segno di buon augurio. Questo fenomeno della “bambola sul letto” era largamente diffuso e le bambole erano abbigliate da “damina” e furono vendute non solo in Italia ma anche all’estero. Il loro costo era piuttosto elevato potendo raggiungere 10.000 lire.
La chiesa parrocchiale del Castello di Santa Giuletta
L’interno della Chiesa ad una sola navata presenta un pavimento in marmo di Carrara bianco e grigio, le volte, affrescate dal pittore romano Guido Monacelli, comprendono, nella lunetta del coro, la rappresentazione del martirio di S. Giuletta e del figlio S. Quirico.
Si tratta di affreschi di modesto valore artistico ma vi sono altri arredi di pregio, oltre ad un imponente armadio, nella sacrestia, vi sono alcuni dipinti fra cui uno merita particolare considerazione la “Cena di Emmaus” di scuola caravaggesca.
L’opera, datata al sec. XVII, è stata restaurata nel 1986 dalla professoressa Nuccia Camolli Chirici, con il patrocinio del Lioness Club di Broni e Stradella e l’operoso interessamento del parroco don Ernesto Vercesi figura di prete colto e appassionato giornalista, accanito fumatore, fondò il giornale Il Popolodell’Oltrepò e Il poplo dertonono con redazione a Tortona.
L’opera pittorica rimase esposta per alcuni mesi nella sala caravaggesca di Brera, il noto professor Ambrogio Casati di Voghera attribuì la tela al pittore bresciano Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto che lavorò molto nel milanese nella prima metà del XVIII secolo.
Durante i restauri della chiesa il dipinto fu conservato presso la Curia di Tortona, oggi è tornata al suo posto insieme alle altre opere pittoriche di pregio.
La Cementifera Palli
Il primo impulso industriale fu dato dalla Cementifera Palli che qui si insediò nel 1929 per sfruttare le marne provenienti dalle cave delle collina, si trattava di un grande forno verticale alimentato a carbone che diede lavoro a molte maestranze.
Per inciso ricordo che nei pressi della collina del Castello si trova la cava da cui era estratta l’arenaria servita per costruire San Pietro in Ciel d’oro a Pavia, le cave sono ancora visibili anche se raggiungibili apiedi con molta difficoltà.
La scelta del luogo fu dettata anche dalla vicinanza delle vie di comunicazione (ferrovia e strada statale) e dalla presenza delle materie prime.
Una parte argillosa di color azzurro cupo era estratto dalla cava di Mornico Losanna (di proprietà del signor Perotti), una marna proveniente dalla cava di Fumo (detta Camarà) e da ghiaione di calcare raccolto lungo le sponde del Po. La fabbrica era dotata oltre al forno verticale anche di un impianto di macinazione. Il materiale, giungeva in fabbrica su carri a traino animale (asini o cavalli) e quindi veniva sottoposto al complesso ciclo di produzione.
L’obsolescenza degli impianti provocò la cessazione dell’attività nel 1941 e l’area fu occupata dalla VINAL.
La VINAL
La VINAL del dott. Pozzi iniziò l’attività nel 1941 come produttore di vino passito, ben presto affiancato dall’attività di distillatore, producendo un distillato di prugne e poi la grappa di vinacce.
Diventò ben presto una grande ditta producendo anche alcool assoluto per usi alimentari e industriali.
Per un certo periodo dalle fecce residue di distillazione si avviò, in appositi capannoni la coltivazione di funghi prataioli. La Vinal fu poi ceduta ad altra ditta che produce lieviti per l’enologia e la panificazione. Oggi è praticamente abbandonata.
La famiglia del dott. Pozzi era originario di era originario di Lobbi (AL) era enologo licenziato dalla prestigiosa scuola enologica di Alba, nasce a Voghera il 10 agosto 1909 Lavorò come direttore tecnico all Cantina sociale di Santa Maria della Versa dove col presidente Cesare Gustavo Faravelli inziò la spumantizzazione del Pinot secondo il metodo Champenois poi diffuso in tutto l’Oltre Po.
L’itraprendenza commerciale del dott. Pozzi lo portò a pensare di valorizzare le vinacce reflue della vinificazione per farne grappa e alcool.
Lo stabilimento, nato sul terreno dell’ex Cementificio Palli, iniziò la sua attività coime centro di compra-vendita di uve da vino, in seguito produsse alcuni vini tra cui la “Lacrima d’oro”, ottimo passito prodotto con uva passa di provenienza spagnola e un distillato di susine chiamato “Prunelle”.
Seguì la produzione di “Vermut Torino” e “Vermut Bianco” e quindi di alcool. Lo stabiimento nel 1948 prese il nome V.I.N.A.L Spa (Vinicola Italiana Naturali Accelerate Lavorazioni). I titolari della Società erano i fratelli Mario e Pierino Pozzi isieme a Renzo Faravelli. Il termine “Accelerate” successivamente fu cambiato in “accurate” considerato più appropriato. Lo stabilimento ebbe rievanza internazionale per la qualità dei propri prodotti.
L’apertura della fabbrica era segnalata dal suono di una sirena che per lunghi anni ha scandito il tempo del paese.
La maggior parte dell’alcool prodotto dalla Vinal proveniva dalla distillazione della vinaccia. La raccolta di questo materiale iniziava in autunno, subito dopo a vendemmia in Oltre Po e paesi limitrofi.
Ogni giorno numerosi autocarri ma anche semplici carri a traino animale scaricavano le vinacce in cumuli che venivano compressi ed avviati alla distilleria.
La Vinal produsse oltre alla grappa, cognac stagionato in grandi tini di rovere, distillati di mele, ed altra frutta, lieviti per la panificazione, acido tartarico, le borlande erano utilizate per mangimi zootecnici, concimi potassici ed anche anidride carbonica in bombole. Moderni impianti producevano alcool assoluto e demetilato, ciòè rigorosamente privato del nocivo alcol metilico, con un accurato processo di ridistillazione.
La VINAL divenne una delle più grandi produttrici di acido tartarico, anche questo estratto dalle vinacce; questo prodotto era molto richiesto dalle industrie per il suo uso in molti settori da quello farmaceutico a quello tessile come mordente nella tintura dei tessuti.
Nel 1963 venne aperto un secondo stabilimento a Csteggio e un rinomaro birrificio a San Cipriano, dove si produceva la birra Leone, aprofittando della presenza nella falda di acqua particolarmente adatta allo scopo. Il birrificio passò poi alla Birra Peroni e oggi è abbandonato. Dal 1 gennaio 1984 la VINAL è assorbita da una miltinazionale olandese. La Gist Brocades che prosegue l’attività a Casteggio, lo stabilimento di Santa Giuletta è fermo.
Mario Pozzi muore il il 30 marzo 1975 e Santa Giuletta gli ha dedicato una via.